Preghiera
La Regola di san Benedetto, caratterizzata sin dal prologo dalla certezza che Dio è presente dappertutto e nel nostro cuore, fa leva sull’importanza di stare davanti alla maestà divina che è non solo del monaco, ma di ogni fedele. La preghiera è lode, adorazione, ringraziamento, richiesta, intercessione, ma anche introspezione, lavorio. È quell’orazione fatta nel “segreto” a cui Gesù invita ogni discepolo: «Quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto» (Mt 6,6). Nel segreto, nell’intimità del nostro essere incontriamo Dio e ciò che veramente siamo.
Nella nostra giornata monastica, grazie al silenzio che alimenta questa divina Presenza, l’avvicendarsi di preghiera comunitaria e personale, coniugata con il lavoro e la vita fraterna, diventa anche un antidoto che ci mette al sicuro da quella che già, secoli fa, veniva definita come “accidia”, cioè un’indolenza spirituale, e a volte anche fisica, che mina alle basi la conduzione di una esistenza piena, appagata, libera e pacificata. Importantissimo è curare o recuperare la salutare armonia con se stessi, con Dio e con gli altri. Come cristiane e come monache ci aiuta tanto il tempo che possiamo passare in preghiera. Un appuntamento atteso, cercato, assaporato, difeso con tutte le forze dal nemico della pigrizia, delle distrazioni, dell’umore del momento. La preghiera, infatti, non va vissuta come un momento emotivamente appagante: ne rimarremmo presto ben delusi. Non è questione di trasporto estatico – che potrebbe esserci – né ricerca di quieto vivere, ma ascolto, risposta, adesione, consegna… È un momento imprescindibile che ci pone davanti a Dio e davanti a noi stessi, a ciò che si agita o si rasserena dentro di noi, opportunità di lucida rappacificazione, di raccordo, di convoglio dei pensieri, sentimenti, impegni, bisogni ecc. È il riverbero che dalla preghiera si irradia a consolidare la pace interiore. Innanzitutto partendo dalla Parola di Dio. La preghiera è prendersi a cuore le sorti della Chiesa e del mondo perché al Signore, secondo l’impegno della riparazione che noi figlie del SS. Sacramento assumiamo, vanno presentate anche le esigenze del mondo, l’eco delle notizie del telegiornale, le richieste di quanti chiedono il sostegno della preghiera. Il nostro monastero è ubicato in una zona che, negli ultimi decenni, è diventata piuttosto caotica: vi sono presenti alcuni pub e altri centri estremisti di aggregazione giovanile (ad esempio il ghetto degli ultrà), per cui il giorno ci consegna il rumore di officine e il tumulto del traffico, mentre il silenzio della notte è squarciato da voci, rumori di bottiglie, rombi di motori, una drammatica denuncia di insoddisfazione e vuoto che scorre, purtroppo tanto spesso insieme alla droga, nelle vene di questi fratelli. Ecco, allora, che la monaca in preghiera fa sua l’ansia dei genitori che segnano con il battito del cuore le interminabili ore dell’attesa, prega per questi giovani e porta davanti a Dio tutta l’umanità sofferente. Quante persone si affannano durante il giorno e tante sono sveglie durante la notte: negli ospedali, nelle autostrade, nelle carceri! Per ogni volto anonimo e sconosciuto, ci sono delle mani giunte che intercedono, implorano grazie e il sollievo dell’amore. Come figlie di san Benedetto e madre Mectilde diamo uno spiccato orientamento contemplativo alla nostra vita quotidiana di preghiera e lavoro. Ecco che la nostra clausura diviene l’oasi spirituale alla quale attingere quello spazio prezioso di intimità con Dio per poi condividere, con chi ci incontra, la serenità e la carica interiore che vengono dalla preghiera. In molti pensano che la vita contemplativa sia inutile, che fanno bene le suore che escono dai conventi, che si dedicano alle problematiche della società, assistono gli anziani, stanno con i giovani, si impegnano a favore dei poveri, dei disabili… Ed è vero: guai se non ci fosse nella Chiesa e nella società la dedizione attiva dei religiosi e delle religiose. Ma è anche pur vero che l’albero prende alimento dalla terra tramite le radici nascoste che non emergono in superficie: allo stesso modo opera efficacemente la preghiera silenziosa delle claustrali. «Il Silenzio abitato dalla presenza dell’Amore permette alla contemplativa di diventare “figlia dell’ascolto”»[1]. Come ha ben detto san Paolo VI, «è il silenzio che forma il deserto nell’anima che è in ascolto di Dio»[2]. Papa Montini, tanto vicino per affinità elettiva al mondo monastico, ha anche asserito che «la preghiera delle claustrali non fa che alimentare il filo di congiunzione del colloquio con Dio. Per questo occorre essere fedeli alla scelta, nella certezza di essere utili alla Chiesa in una misura altissima»[3]. [1] Ibid., 52.
[2] Paolo VI, L’uomo recuperato a se stesso. Discorsi ai monaci, Edizioni Scritti Monastici Abbazia di Praglia 2010, 238.
[3] L. c., 221.
La preghiera nel monastero “San Benedetto” di Catania
Durante il giorno e la notte le monache si avvicendano nei turni di adorazione.
La celebrazione eucaristica ogni giorno è aperta a quanti vogliono parteciparvi. Così come le funzioni del triduo pasquale e la messa di mezzanotte a Natale. Tutti i giovedì (eccettuato il mese di agosto) la chiesa rimane aperta dalle ore 7.00 alle 12.00 e poi dalle 16.alle 18.00 per quanti vogliono sostare in adorazione silenziosa con possibilità, al pomeriggio di partecipare alla recita del santo rosario e al canto del vespro con la comunità.
La preghiera salmodica
Siccome la nostra preghiera monastica è in modo eminente centrata sulla liturgia delle ore è opportuno spendere qualche parola sui salmi. Essi ci permettono di entrare in relazione con Dio in modo immediato, portando davanti a Lui tutta la ricchezza di un’esperienza, quella del popolo ebraico, che è anche esperienza di ciascuno di noi. Nella voce dei salmi c’è la voce di ogni uomo che prega, in ogni luogo e in ogni tempo. Naturalmente le immagini utilizzate sono il riflesso di categorie culturali e storiche diverse dalle nostre, ma sono testimonianze che in ogni modo rivelano la verità dell’uomo che fa esperienza della presenza di Dio e della salvezza.
«Breve e pura deve essere la nostra preghiera» ci dice San Benedetto (RB 20,4) e nel salmeggiare «dovremmo far di tutto che la nostra mente si accordi con la nostra voce» (RB 19,7). Quest’ultimo pensiero, caro alla tradizione monastica, è ripreso nella Sacrosantum Concilium al n° 90, ed è un monito forte a fare della preghiera liturgica, dell’Opus Dei, il centro della nostra vita, un atteggiamento di vita.
Pregare con i salmi è pregare con la memoria storica di un popolo che ha fatto esperienza dell’irrompere di Dio nella sua vita, della Rivelazione. Anche Gesù, da pio israelita, ha pregato così e il suo modo di pregare è stato il suo modo di vivere. Egli è il compimento di quanto i salmi messianici ci hanno detto di Lui: è il re-pastore, l’uomo dei dolori, è roccia, scudo e baluardo… Le promesse, le speranze e le attese celebrate dai salmi trovano, dunque, pienezza e compimento nella persona e nella missione di Cristo. Il monaco, in quanto battezzato e in quanto vocato, è l’uomo di orazione che cerca il suo Signore consapevole di essere stato da Lui amato e cercato per primo. Come la Vergine Maria dobbiamo fare della nostra preghiera un cantico di lode e di stupore per le grandi cose che Dio compie nella nostra storia e nei nostri giorni. Ecco che, la celebrazione delle ore, dopo la Santa Messa, è il momento più autentico di contemplazione e di adorazione. Per Dio tutto della nostra storia è significativo. Solo Lui è capace di valorizzare ogni attimo, ogni agire, per questo il monaco non deve perdere tempo, non deve adagiarsi su se stesso, ma deve correre, deve, cioè, afferrare il momento della Grazia e permettere che diventi fecondo nella sua esistenza. Quando noi preghiamo con i salmi diventiamo prolungamento dell’opera di Dio nella natura e nella storia. La preghiera ha sempre avvolto la vita dei monaci; essa rimane il cuore della spiritualità monastica. È la liturgia l’elemento che unifica le varie attività, perché è nella liturgia che i monaci esprimono la loro ricerca di Dio e il loro desiderio escatologico. E proprio perché la liturgia è ordinata esclusivamente alla ricerca di Dio, essa si dilata spontaneamente sfociando in una spiritualità che riflette i lineamenti di Cristo. La recita del breviario scandisce, oltre il tempo fisico, il tempo del cuore, segnandone il progresso ed evidenziandone la ricchezza. La preghiera non è un’appendice nella vita nel monaco, anzi, deve diventare tutt’uno con la sua stessa vita; il monaco si riconosce dal suo modo di pregare. E la preghiera è autentica quando sfocia nella carità. I salmi danno all’uomo bisognoso di verità il senso pieno della sua identità, del suo essere strutturalmente alla ricerca di Dio aiutandolo in tale ricerca. Con i salmi si entra nel mistero del cuore di Dio. Dopo il Concilio Vaticano II, soprattutto con la costituzione dogmatica Dei Verbum, l’approccio con la Sacra Scrittura è diventato più accessibile e immediato a tutte le categorie dei fedeli e, soprattutto in questi ultimi anni, l’antica tradizione monastica della Lectio Divina, sta di fatto diventando a portata di mano di molti credenti. Gruppi parrocchiali, movimenti ecclesiastici, singoli laici, studiano e “ruminano” la Parola di Dio e pregano con i salmi. Questo è davvero bello e porta molti frutti di crescita e di bene. A noi monaci viene chiesto sempre più di essere coerenti con la scelta fatta e di testimoniare con la vita, e non solo con l’abito, la grande dignità della nostra vocazione: vocazione ad un amore grande per Dio e per i fratelli che nasce e si alimenta nella preghiera.